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E chi è il mio prossimo?
Osservando il dipinto di Van Gogh ci si accorge che la tela è divisa in due parti, due triangoli.
Nel triangolo superiore, più ondulato prevalgono i colori freddi, mentre nel triangolo inferiore i colori sono caldi e le pennellate brevi. Così l’autore dà un messaggio: il male, rappresentato dall’uomo aggredito dai banditi e lasciato mezzo morto e sofferente, raffredda, congela, provoca solitudine. Il bene, l’amore, descritto nel samaritano che si prende cura scalda, rassicura, fortifica e riscatta.
Focalizzando poi l’attenzione sul samaritano (l’uomo in piedi che solleva e pone sul cavallo il malcapitato) ci si accorge che c’è una somiglianza indiscutibile tra il suo volto e quello dell’autore.
Van Gogh vuole comunicarci che per aiutare davvero il prossimo è fondamentale “farsi prossimo”, farsi vicino. Concretamente prendere su di sè il dolore di chi è nel bisogno. Il samaritano Van Gogh non si pone la domanda come vivere il comandamento dell’amore, conosciuto a memoria dal dottore della legge, ma si fa prossimo, vive nei fatti la carità che cura e accompagna.
A differenza del sacerdote e del levita, piccole figure che escono dalla scena, quasi invisibili agli occhi dell’osservatore, il samaritano si compromette. Nel momento in cui il dottore della legge ricorda che cosa deve fare per avere la vita eterna non manca di comprensione e di conoscenza del comandamento dell’amore ma si difende e, cercando di scusarsi, torna a rivolgere una domanda a Gesù:
“E chi è il mio prossimo?”
Nella settimana entrante può essere utile osservare il dipinto e domandarci:
“In quale parte dell’opera mi colloco? Mentre emerge la domanda su chi è il mio prossimo sarà possibile iniziare a comprendere che scelte fare.”
Alcune espressioni di preghiera sono di aiuto:
“Signore chi è il mio prossimo? Apri i miei occhi, perché io possa vedere coloro che mi passano accanto, perché io possa superare ogni timore, vincere ogni dubbio. Infondi in me la tua certezza: amare tutti, amare sempre. Ma come fare? Illuminami nel buio."
Porsi queste domande e permettere di entrare in dialogo con Dio ma anche lasciarci correggere da Lui. Scrive l’Arcivescovo Mario nella lettera per la quaresima:
“La correzione è anzitutto espressione della relazione educativa che Dio ha espresso nei confronti del suo popolo. Come una madre, come un padre amorevole «a Efraim io insegnavo a camminare tenendolo per mano. Io li traevo con legami di bontà, con vincoli d’amore, ero per loro come chi solleva un bimbo alla sua guancia, mi chinavo su di lui per dargli da mangiare. Il mio popolo è duro a convertirsi.»
«Riconosci dunque in cuor tuo che, come un uomo corregge il figlio, così il Signore, tuo Dio, corregge te.»
La metafora deve essere naturalmente interpretata alla luce della rivelazione cristiana. Non sembra pertinente, infatti, interpretare le tribolazioni della vita e le disgrazie come puntuali interventi di un Dio governatore dell’universo, intenzionato a punire il popolo ribelle per correggerlo. Dio, invece, corregge il suo popolo cercandolo e parlandogli in ogni momento di tribolazione e in ogni luogo di smarrimento. Lo richiama con una misericordia sempre più ostinata della nostra stessa ostinazione nella mediocrità del peccato. Lo trae a sé con vincoli d’amore ogni volta che, intontito in una sazietà spensierata o incupito in disgrazie deprimenti, chiude l’orecchio alla sua voce. Lo libera dall’asservismo agli idoli, alla schiavitù del peccato."
Don Mauro
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dal Vangelo secondo Luca
“Il dottore della Legge rispose: “ Amerai il Signore tuo Dio con tutto il tuo cuore, con tutta la tua anima, con tutta la tua forza e con tutta la tua mente, e il prossimo tuo come te stesso”.
Gli disse: “Hai risposto bene; fa questo e vivrai”.
Ma quello volendo giustificarsi , disse a Gesù: “ E chi è il mio prossimo?”
10,25
Venerdì 2 ottobre alle 21 nella Chiesa Parrocchiale di Dugnano viene proposto l’avvio di un percorso di formazione per tutti gli adulti.
1) PERCHE’
E’ necessario? E’ utile? E’ possibile visto i ritmi di vita ordinaria dedicare un tempo per la propria formazione? Non è meglio fare, agire?
Con tutta probabilità è decisiva una scelta di questo genere perché i mesi trascorsi hanno innescato apprensioni inedite che chiedono tempi di ascolto e di approfondimento per “evitare di essere stolti”.
Scrive il vescovo nella proposta “Infonda Dio la sapienza nel cuore”
Le vicende drammatiche che attraversiamo hanno forse predisposto un numero maggiore di uomini e donne ad affrontare domande inconsuete, a invocare risposte capaci di orientare un comportamento, a desiderare un dialogo senza preclusione di tempi e di culture per lasciarsi istruire a proposito della vita, niente di meno che la vita.
Per chi è così predisposto è possibile condividere l’entusiasmo dello scriba che cerca la sapienza: «Egli ricerca la sapienza di tutti gli antichi e si dedica allo studio delle profezie. Conserva i detti degli uomini famosi e penetra le sottigliezze delle parabole, ricerca il senso recondito dei proverbi e si occupa degli enigmi delle parabole. Svolge il suo compito fra i grandi, lo si vede tra i capi, viaggi in terre di popoli stranieri, sperimentando il bene e il male in mezzo agli uomini» (Sir. 39,1-4).
2) COME?
E’ un tempo di studio? E’ una proposta di conoscenza tecnica? Non proprio!
Si tratta di un tempo ben delimitato (dalle 21 alle 21,45) in cui fare esercizio di ascolto e far emergere domande che riguardano la nostra vita e percepire che ci sono percorsi per “evitare di essere stolti”, per evitare di rincorrere il tempo che ci è dato vivendolo con intensità e frutto.
Il libro biblico del Siracide favorisce questo approccio perché
“I sapienti di Israele ma anche i sapienti di ogni tempo e di ogni cultura, condividono l’entusiasmo per la ricerca della sapienza e la raccomandano ai figli, ai giovani, perché ne hanno sperimentato la bellezza, l’utilità, le gratificazioni.
Si possono mettere in evidenza quelle che risultano essere le ragioni principali dell’attrattiva della sapienza”.
L’incontro è davvero per tutti!
don Mauro
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Venerdì 12 febbraio ore 21
>>>testo guida<<<
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